GIOVANNI GABRIELLI

Giovanni Gabrielli nasce a Trieste nell’agosto del 1939 da una famiglia titolare di una fiorente azienda che gli sarà utile in futuro per comprendere il punto di vista dell’imprenditore. Dotato di una fine intelligenza, al liceo traduce in pochi minuti ardui brani di Tucidide. Un amore quello per i classici che si porterà dietro per tutta la vita, nonostante gli studi in giurisprudenza. Si laurea a Trieste nel 1962 con Rodolfo Sacco. Diventa ordinario dal 1976 presso il medesimo Ateneo, declinando gentilmente gli inviti di Milano, Roma e Torino. Consegue anche il diploma di traduttore in tedesco e inglese presso la Scuola per Traduttori e Interpreti.

La produzione di Giovanni è inarrestabile. Con oltre 150 scritti, è il campione assoluto del contratto, cui dedica tre monografie. Ma non tralascia gli altri temi centrali del diritto civile, dal diritto di famiglia, alle successioni, alle obbligazioni per finire con “La pubblicità immobiliare”. Se come autore di dottrina utilizza un rigore ed una precisione matematica, come Avvocato segue delle linee guida nella redazione delle memorie che precorrono i canoni attuali: linguaggio limpido, esposizione sintetica, argomentazione volta a mettere in luce esclusivamente l’essenza del problema senza inutili digressioni.

Giovanni prende parte anche a molti arbitrati. Come presidente è equilibrato, attento a tutte le questioni e pronto ad ascoltare ogni voce. Come arbitro di parte sostiene la tesi dell’assistito con passione e vivacità, ma sempre rispondendo a quell’onestà intellettuale che lo porta a rivedere le sue posizioni.

E’ un giurista dalle grandi capacità tecniche e al contempo uomo colto – soprattutto di storia – attento al divenire della società. E’ un uomo per cui i legami contano prima e più di ogni altra cosa. Come testimonia l’amico di una vita, lo scrittore Claudio Magris “è stato un attraversare la vita lavorando moltissimo ma “facendo baracca” nel senso più profondo, più alto del termine. Devo a Gianni l’avere imparato insieme a ridere di ciò che continuavamo a rispettare: un riso fraterno, gioioso e non certo sarcastico, che aiuta molto a vivere».