Maternità surrogata e reato di alterazione di stato

– Cassazione, Sez. VI, n. 8060/2016 –

Con la sentenza Sez. 6, n. 8060 del 11 novembre 2015, dep. 2016, P.M. in proc. L. e altro, Rv. 266167,  Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna avverso una sentenza di assoluzione emessa nei confronti di due coniugi italiani imputati ex art. 567, comma 2, cod. pen., i quali, dopo essersi presentati come genitori biologici di un minore nato mediante maternità surrogata all’estero, a seguito di appositi avvertimenti da parte dell’autorità consolare circa le eventuali conseguenze penali, avevano in un secondo momento convertito la propria richiesta di trascrizione dell’atto di nascita in un’istanza diversa, preordinata a far figurare come genitore del minore il solo marito, l’unico provvisto effettivamente di un legame genetico con il nato. A fronte di ciò, l’ufficiale di stato civile, pur reso edotto di tali circostanze, aveva autonomamente proceduto a trascrivere l’atto che qualificava il neonato come figlio di entrambi i coniugi.

Secondo la S.C. era corretto ipotizzare in astratto l’integrazione del delitto di cui all’art. 567, comma 2, cod. pen. da parte dei coniugi italiani i quali, in un primo momento, avevano chiesto all’ufficiale consolare di trasmettere all’ufficiale dello stato civile italiano per la trascrizione il certificato di nascita formatosi in Ucraina, da cui essi risultavano entrambi i genitori naturali del minore. Tuttavia nel caso di specie, essi dovevano essere assolti, perché, in un secondo momento, dopo gli ammonimenti dell’ufficiale consolare, avevano dichiarato al predetto funzionario il vero, facendo così emergere che il legame biologico era solo con il padre. Era perciò venuta meno la capacità ingannatoria dell’atto di nascita formatosi all’estero nei confronti dell’ufficiale dello stato civile nazionale, che aveva comunque ritenuto di trascrivere l’atto di nascita falso in forza di una sua personale valutazione del dato normativo di riferimento, ragion per cui era corretta l’assoluzione perché il fatto non costituiva reato.

Non integra il reato di alterazione di stato, non ravvisandosi l’induzione in errore dell’ufficiale di stato civile, la trascrizione in Italia di un falso atto di nascita formato all’estero in forza di una richiesta presentata da parte del solo padre biologico del neonato, corredata da documenti che dimostravano che la madre effettiva del neonato era diversa da quella indicata nell’atto.

(Nella fattispecie, dopo la formazione in Ucraina di un falso atto di nascita, alla prima richiesta di trascrizione presentata dagli imputati, coniugi che si dichiaravano genitori del bambino, è seguita una seconda istanza da parte solo del solo padre biologico, con la produzione di documenti che dimostravano chi era la madre effettiva del neonato).

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

1. La Procura Generale presso la Corte di Appello di Bologna e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna impugnano la decisione ex art. 425 cod. proc. pen. con la quale il Gup del Tribunale di Bologna ha dichiarato non doversi procedere in danno di L.F. e B.B. rispetto alla imputazione loro mossa, ricondotta all’egida dell’art. 567 c.p., comma 2, perchè il fatto non costituisce reato.

2. Muovendo da delineati presupposti in fatto – segnatamente inerenti una gestazione su commissione realizzata in Ucraina in asserita linearità con la lex loci malgrado i riscontrati legami biologici esclusivamente riferibili al L., padre del neonato, partorito da soggetto diverso della B. – il Gup descrive la condotta in contestazione siccome dipanatasi in due diverse fasi.

In un primo momento, alla richiesta di trascrizione dell’atto di nascita presentata al consolato per la trasmissione in Italia al competente ufficio di stato civile venne allegato un certificato di nascita che, contrariamente al vero, rassegnava i due imputati come genitori del neonato.

In un secondo, e su impulso dell’autorità consolari, detta richiesta venne superata da altra di segno analogo ma di contenuto e fonte di provenienza diversi: a chiedere la trasmissione in funzione della trascrizione dell’atto di nascita non erano più i due imputati ma il solo L.; veniva, inoltre, con immediatezza disvelata, attraverso apposite allegazioni documentali anche di tipo dichiarativo provenienti dalla madre committente e dalla donna che ebbe a partorire il neonato, la ascrivibilità della gestazione ad altro soggetto, puntualmente identificato, nonchè l’assenza di riferibilità biologica del bambino alla imputata.

2.1. In ragione di tanto, il Gup ha ritenuto che solo la seconda parte della condotta avrebbe assunto rilievo nel caso e che la stessa, comunque correlata ad un certificato di nascita formato in coerenza con la lex loci, non avrebbe comunque portato al reato contestato per la innocuità del falso, disvelata dall’ulteriore documentazione allegata alla richiesta di trasmissione.

Il tutto a fronte di una situazione in fatto che avrebbe inoltre imposto all’ufficiale dello stato civile di procedere alla trascrizione del neonato come figlio dei due ricorrenti nel rispetto dell’art. 8 Cedu così come interpretato nelle due sentenze Mannelson e Lebusy della Corte EDU del 2014.

3. Nel ricorso della Procura della Repubblica presso il Tribunale si contesta l’innocuità del falso ed il giudizio reso ex art. 49 c.p., comma 2: solo l’accertamento reso dai funzionari del consolato, la successiva convocazione dei due dichiaranti e l’ammonimento reso agli stessi sulle conseguenze di tipo penale che potevano derivare dall’atto, ha portato alla richiesta di sospensione e poi annullamento della originaria richiesta di trasmissione.

L’istruttoria espletata, sarebbe, dunque, in stridente contrasto con il giudizio speso sulla funzionalità della condotta di falso, determinante rispetto al reato in contestazione.

4. Nel ricorso della Procura Generale presso la Corte di Appello di Bologna si evidenzia che, come emerso in fatto (dalle dichiarazioni della stessa B. che ha negato di essere la madre biologica del neonato)i il certificato di nascita allegato alla richiesta di trascrizione non era coerente alla lex loci richiamata dal D.P.R. n. 396 del 2000, art. 15 giacchè, in assenza di legami biologici con la madre committente, anche la legislazione ucraina (art. 123 codice famiglia) non consente la rappresentazione del neonato siccome figlio dei due genitori committenti.

In ogni caso, anche il tratto di condotta precedente alla richiesta di sospensione e annullamento dava luogo se non alla ipotesi del tentativo del reato di cui all’art. 567 cod. pen. quanto meno alla ipotesi di reato di cui all’art. 4951 c.p., comma 2, n. 1 che il Giudice poteva riqualificare ex art. 521 cod. pen., senza che sul punto potesse porsi il dubbio della procedibilità ex art. 9 c.p., comma 2, trattandosi di condotta programmata e concordata in Italia e dunque in parte commessa nel territorio italiano ex art. 6 c.p..

Si contesta, poi, il rilievo ascritto dal Gup nel valutare gli effetti correlati alle due decisioni della Corte Edu richiamate in sentenza.

Sia perchè le due decisioni mirano a tutelare la posizione del minore e non i diritti dei genitori; sia soprattutto perchè non si poteva procedere ad una applicazione diretta dei detti principi, in aperto contrasto con il dato tutelato costituzionalmente, essendo la verifica di coerenza del dato convenzionale ai principi della carta costituzionale espressamente riservata alla Consulta.

5. Con memoria depositata il 5 novembre la difesa dei due imputati ha chiesto rigettarsi il ricorso.

Ha segnalato che la documentazione trasmessa dall’Ambasciata, diversamente da quanto segnalato nel ricorso della Procura presso il Tribunale, attestava in fatto che già nel corso della istruttoria resa dalla Cancelleria del Consolato i due imputati avevano disvelato la distonia tra la realtà effettiva e quella rassegnata dal certificato di nascita allegato, segnalando il nominativo della madre biologica del neonato.

Ancora, che la disciplina normativa della Ucraina sarebbe stata male interpretata nel ricorso della Procura Generale, giacchè la normativa ministeriale richiamata nelle memorie consentiva l’iscrizione in quel paese dei due genitori committenti quali genitori del neonato purchè tanto risulti assentito dalla madre naturale del bambino, situazione nel caso riscontrata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
6. I ricorsi proposti avverso la decisione assunta dal Gup del Tribunale di Brescia nell’occasione sono infondati e meritano la reiezione.

7. La fattispecie in fatto presenta contorni non incerti nei suoi tratti essenziali. E’ infatti pacifico che con il neonato L. L. intercorrono rapporti genetici solo con il padre, l’odierno imputato L.F. e non con la B., cui viene pacificamente ascritto esclusivamente il ruolo di madre sociale.

Emerge, anche, in linea con quanto segnalato dai due uffici ricorrenti, che solo in un secondo momento, paventata, dai funzionari del consolato, la possibilità della responsabilità penale correlata alla chiesta trasmissione in Italia del certificato di nascita tratto dal registro di stato civile ucraino che rassegnava nei ricorrenti i genitori del neonato, gli imputati hanno chiesto sospendersi e poi annullare la prima richiesta, sostituendo alla stessa una nuova, articolata dal solo L., richiesta di trasmissione, caratterizzata da allegazioni certamente in grado di disvelare con nettezza l’assenza di legami biologici tra il bambino e la B..

Sulla base di quest’ultima richiesta l’ufficiale di stato civile competente ha provveduto alla trascrizione, comunque indicando negli imputati i genitori del neonato pur nella consapevolezza della non coincidenza tra la maternità rassegnata nel certificato di nascita formato in Ucraina e il dato reale.

8. Il reato è stato contestato siccome consumato in Italia. Tanto in ragione di una condotta decettiva sostanziatasi in Ucraina (il certificato di nascita allegato alla richiesta di trasmissione), strumentale alla alterazione di stato al fine perseguita, realizzata, secondo la prospettazione accusatoria, al momento della trascrizione in Italia del detto atto di nascita.

Siffatta ricostruzione teorica riposa su una corretta visione interpretativa della ipotesi di reato all’uopo contestata.

8.1. Il reato in disamina si concreta in un falso ideologico funzionale ad una alterazione dello status di filiazione ascrivibile al neonato. Alterazione che viene a realizzarsi in esito ad una registrazione anagrafica resa, grazie al falso, in termini distonici rispetto al naturale rapporto di procreazione.

Ad essere tutelato è il complesso interesse sotteso allo stato di filiazione, in relazione al quale si intersecano momenti diversi:

alcuni immediatamente correlati alla situazione di fatto determinata dalla procreazione, intimamente legati, dunque, allo sviluppo della personalità del neonato ed ai rapporti familiari, sia genitoriali che parentali che dalla prima dipendono; altri strettamente correlati al fascio di situazioni giuridiche che l’ordinamento fa discendere dalla iscrizione anagrafica del neonato quanto alla individuazione dei relativi genitori.

8.2. Per dare luogo alla alterazione di stato, dunque, occorre che la condotta di falso si muova all’interno della formazione dell’atto di nascita, concretandosi il reato con la registrazione dell’atto stesso. La registrazione anagrafica costituisce dunque lo spartiacque essenziale tra le possibili valutazioni interpretative inerenti la medesima condotta di falso: completa e definisce il quadro delle situazioni in fatto e diritto legate alla veridicità della procreazione destinate a delineare lo status di filiazione del neonato.

Non rilevano al fine, in ragione di tanto, le condotte di falso successive alla formazione dell’atto di nascita, in genere ricondotte da questa Corte all’interno dell’ipotesi normativa di cui all’art. 495 c.p., comma 2. Per contro, quelle antecedenti la registrazione anagrafica (tipiche, pur se scolastiche, le ipotesi legate alle dichiarazioni di nascita cui non sia seguita poi la iscrizione anagrafica per fatti indipendenti dalla volontà dell’autore della dichiarazione non coincidente al vero) vanno ricondotte all’egida del tentativo del reato ex art. 5671 c.p., comma 2 e si distinguono dalla ipotesi di reato di cui all’art. 495 c.p., comma 2 perchè colorate dal quel quid pluris offerto dal momento di realizzazione della condotta decettiva, la formazione dell’atto di nascita in funzione della acquisizione dello status filiationis.

8.3. La dinamica che porta alla consumazione del reato assume ancor più complessità quanto più articolata si rivela la registrazione anagrafica.

Fa gioco l’ipotesi che qui immediatamente interessa della trascrizione in Italia degli atti formati all’estero secondo la procedura imposta dal combinato disposto di cui al D.P.R. n. 396 del 2000, art. 15, comma 2 e art. 17.

In ragione di tale dato normativo, l’atto di nascita, formato secondo la lex loci, viene trasmesso su sollecitazione del dichiarante dalle autorità consolari all’ufficiale di stato civile del Comune territorialmente competente perchè quest’ultimo, con il solo limite della contrarietà dell’atto all’ordine pubblico (art. 18 stesso D.P.R.), provveda alla trascrizione presso i registri italiani.

In siffatti casi, poichè la condotta di alterazione di stato presuppone la registrazione anagrafica in Italia, risultando collegata indefettibilmente a questo momento la nascita dell’insieme di situazioni giuridiche che l’ordinamento riconosce allo stato di filiazione, ne consegue che;

– la formazione dell’atto di nascita in esito a condotte viziate da falsità ideologica che non esondano i confini dello stato nel quale si sono formate non rilevano ai fini della ritenuta consumazione del reato di cui all’art. 567 c.p., comma 2;

– al più le stesse possono rilevare quali condotte funzionali a riscontrare in forma tentata il reato in questione laddove la mancata trascrizione in Italia sia conseguenza di scelte estranee alla volontà del dichiarante (ad esempio perchè l’Ufficiale dello stato civile non provveda a trascrivere perchè l’atto è contrario all’ordine pubblico);

– non è ravvisabile l’ipotesi di reato ex art. 4951 c.p., comma 2, considerata la finalizzazione strumentale della condotta di falso all’alterazione di stato tale da ricondurre il tutto all’interno del tentativo di alterazione di stato ex art. 567 c.p., comma 2.

8.4. Tanto porta concludere per la correttezza della impostazione teorica sottesa alla imputazione, che vede la consumazione del reato in Italia siccome collegata alla avvenuta trascrizione dell’atto di nascita assertivamente tacciato di falsità formatosi in Ucraina; e segna, anche, la coerenza a siffatta ricostruzione delle stesse doglianze prospettate nelle impugnazioni delle due Procure ricorrenti, soprattutto con riferimento al gravame della Procura Generale, laddove, nel dare rilievo autonomo al segmento di condotta decettiva posta in essere in Ucraina dai due imputati nel formare l’atto di nascita relativa, si rivendica la configurabilità del tentativo di alterazione di stato o in alternativa l’ipotesi prevista dall’art. 4951 c.p., comma 2 proprio muovendo, tanto implicitamente quanto imprescindibilmente, dal presupposto della indifferenza della registrazione dell’atto di nascita nei registri di stato civile dell’Ucraina rispetto alla consumazione del reato di cui all’art. 567 c.p., comma 2.

9. Le considerazioni di principio sopra rassegnate assumono valenza determinante nel giungere alla conclusione della reiezione dei ricorsi.

9.1. In primo luogo consentono di affermare, alla luce delle indicazioni spese nel definire il bene giuridico tutelato dalla norma oggetto di scrutinio, l’irrilevanza della coerenza dell’atto di nascita formato in Ucraina alle disposizioni normative vigenti nel detto Stato, laddove, come è pacifico nella specie, quanto emerge dalla relativa iscrizione anagrafica non coincida con la verità in fatto della procreazione.

Il tema, sul quale si spende in via argomentativa il Gup e che risulta affrontato anche dalla Procura Generale ricorrente, non ha rilievo rispetto alla configurabilità del reato in contestazione.

Si confondono, in parte qua, i piani afferenti momenti di accertamento affini ma diversi.

Segnatamente si confonde:

– la valutazione sottesa alla trascrizione dell’atto formato all’estero, vincolata, salvo il limite dell’ordinè pubblico, dalla coerenza alla lex loci anche quando la distonia tra dati costitutivi reali (la discendenza secondo natura) e quelli rassegnati dall’atto siano favoriti da possibili finzioni normative (a voler ricondurre il tutto alla legislazione ucraina, le ipotesi di surrogazione di maternità assentite dal quell’ordinamento);

– con la valutazione legata al giudizio sulla responsabilità penale, che prende le mosse dall’idea in forza alla quale lo stato di filiazione nell’ordinamento italiano presuppone a monte la coincidenza tra discendenza naturale ed emergenza documentale sottesa alla formazione dell’atto di nascita sì che, ogni qual volta quest’ultima risulti sfalsata in fatto da effetti distonici anche legittimi in forza di quanto previsto dall’ordinamento straniero, resta ferma la violazione del precetto penale che mira, come si è detto, a tutelare non solo le situazioni giuridiche consequenziali alla iscrizione anagrafica ma anche quelle in fatto legate alla verità naturale della procreazione.

In siffatti casi, ferma la possibilità dell’Ufficiale di stato civile di rifiutare la trascrizione laddove ritenga che l’atto di nascita si sia formato in contrasto con l’ordine pubblico, tale potendosi considerare, per l’ordinamento interno, una iscrizione anagrafica che rassegni un dato non coincidente al vero rispetto alla discendenza naturale del neonato (così da legittimare negli interessati la possibilità di adire le verifiche giudiziali correlate ad un siffatto rifiuto), resta da dire che la trascrizione comunque effettuata è in linea di principio idonea a conclamare il reato di alterazione di stato perchè fondata su un presupposto fattuale falso, che, non importa se punibile o meno secondo la legislazione dello Stato di formazione dell’atto, costituisce lo snodo essenziale della condotta che porta ad alterare lo stato civile del neonato, non coincidente con quello costitutivo.

9.2. Per altro verso, la fattispecie posta allo scrutinio della Corte rende eccentrica, rispetto al devoluto essenziale per la definizione dei ricorsi, la questione legata alla correttezza della decisione assunta dall’ufficiale di stato civile che ha provveduto alla trascrizione in ragione di una ritenuta coerenza dell’atto di nascita formatosi in Ucraina all’ordine pubblico siccome filtrato ed interpretato alla luce dei principi della Cedu e delle decisioni della Corte Edu citati in narrativa.

La questione poteva assumere un rilievo se, a monte, fosse stato possibile ascrivere ai ricorrenti una partecipazione funzionale e consapevole al risultato finale garantito dalla trascrizione resa ai sensi del D.P.R. n. 396 del 2000, art. 17. Seguendo la linea in fatto tracciata dalla fattispecie a giudizio, ove fosse stato trasmesso, pedissequamente, l’atto di nascita emergente dalla certificazione ucraina siccome veicolato originariamente dai due imputati, la trascrizione, nel caso, sarebbe stata il frutto di una inconsapevole induzione in errore del competente ufficiale di stato civile. Ed in tali termini, ritenere che, alla luce dei citati precetti sovrannazionali, l’Ufficiale dello stato civile non avrebbe potuto che addivenire comunque alla trascrizione, poteva costituire ragione tesa a deprivare di disvalore la condotta penale, dovendosi accettare l’idea di fondo che anche l’ordinamento interno finisce per accettare una non esatta coincidenza tra dato naturale della discendenza e connotazioni formali dello status filiationis.

9.3. Nel caso, tuttavia, è la soluzione adottata dal Gup in forza del contegno assunto da entrambe gli imputati dopo la prima richiesta di trasmissione soluzione sulla quale questa Corte concorda pienamente a deprivare di rilievo il tema generale evidenziato al punto che precede.

E’ pacifico, per quanto già rassegnato, che la seconda richiesta, quella in forza alla quale si è proceduto alla trascrizione non solo venne veicolata dal solo L. ma venne accompagnata da diversi documenti e dichiarazioni che disvelavano con chiarezza chi fosse la madre effettiva del neonato.

La decisione assunta dall’ufficiale di stato civile di procedere ugualmente alla trascrizione dell’atto, indicando quali genitori del neonato i due imputati venne dunque assunta nella certa consapevolezza di tale distonia rispetto alla discendenza naturale avuto riguardo alla madre e in esito ad una valutazione discrezionale dell’organo competente che non poteva dirsi in alcun modo tratto in errore dal dato formale riportato dal certificato di nascita allegato alla richiesta. Tanto depotenziava integralmente la forza del falso se del caso correlata all’atto di nascita formato in Ucraina che, nell’ottica del reato in contestazione, va necessariamente letta guardando alla funzionalità, strumentale alla alterazione di stato, da ascrivere alla condotta decettiva riscontrata.

Correttamente, pertanto, il Gup ha ritenuto innocua la condotta di falso sfociata nella redazione dell’atto di nascita, perchè non in grado di incidere sulle scelte dell’organo chiamato alla trascrizione, elemento essenziale della alterazione di stato contestata.

Che, poi, dunque, del tutto autonomamente, l’ufficiale di stato civile competente abbia deciso, sulla base di una interpretazione del dato normativo di riferimento, di procedere ugualmente alla trascrizione, tanto non può ricadere, sul piano della responsabilità penale, sugli odierni resistenti, una volta che il comportamento degli stessi sia stato ritenuto, con valutazione immune da incongruenze logiche, tale da neutralizzare la forza decettiva offerta dalla non coincidenza al vero dell’atto di nascita.

E tanto rende infondato il ricorso della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna.

9.4. A soluzione non diversa si perviene con riferimento al ricorso della Procura Generale.

Alle ragioni già esplicitate nel fondare la ritenuta esclusione della responsabilità per la ipotesi di reato contestata va, ulteriormente, aggiunto – rispetto alla sollecitazione contenuta nel relativo ricorso quanto all’utilizzo dei poteri di riqualificazione della vicenda in termini di tentativo di alterazione di stato o di falso ex art. 4951, comma 3 avuto riguardo alla porzione di condotta, posta in essere in Ucraina, sfociata nell’asserito falso sotteso alla formazione dell’atto di nascita – che, ancor prima della possibile valutazione legata alla configurabilità di tali ipotesi di reato, si poneva, in termini assorbenti e ostativi, l’improcedibilità legata alla assenza di richiesta del Ministro giusta quanto previsto dall’art. 9 c.p., 2.

Sia il tentativo di alterazione di stato di cui all’art. 567 cod. pen., comma 2 ridotto, nel suo massimo portato, art. 56 c.p., ex comma 2, che, ancora, il reato di cui all’art. 495 cod. pen., comma 2, n. 2 prevedono, infatti, minimi edittali inferiori alla soglia prevista dall’art. 9, comma 1 per la procedibilità d’ufficio del reato comune commesso all’estero dal cittadino italiano. Nè, ancora, vale sostenere, come mostra di fare la Procura ricorrente, che nel caso siffatta condotta sarebbe punibile ex art. 6 cod. pen. perchè concordata, concepita e dunque in parte commessa in territorio italiano.

Il relativo assunto infatti è meramente congetturale, privo di supporti in fatto utili a confortarne il portato. Appare, peraltro, maggiormente confacente, sul piano logico, con altre ipotesi di reato (in particolare con il delitto di maternità surrogata L. n. 40 del 2004, ex art. 12, comma 6) nel caso neppure prospettate in assenza di validi indici fattuali a sostegno.

Del resto, se pure, la porzione di condotta in questione potrebbe ritenersi in linea di principio presente tra i segmenti della relativa programmazione delittuosa relativa al delitto di surrogazione di maternità, tanto non necessariamente presuppone, in assenza di apposite conferme fattuali, il collegamento della stessa (proprio con riferimento al falso nella formazione dell’atto di nascita, autonomamente considerata) al territorio italiano.

Da qui la infondatezza anche del ricorso interposto dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Bologna.
PQM
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2016