Reati colposi contro la persona e eventi sismici
– Cassazione, Sez. IV, n. 28571/2016 –
Con la sentenza Sez. 4, n. 28571 del 01/06/2016, De Angelis, Rv. 266945, la Corte ha esaminato il caso relativo alla condotta omissiva colposa addebitata all’ingegnere progettista e direttore dei lavori di realizzazione di un nuovo tetto di un fabbricato, consistita nella mancata effettuazione di una preliminare valutazione delle condizioni statiche dell’edificio, sia nello stato di fatto che in quello post-intervento, cui sarebbe conseguita la morte e le lesioni degli abitanti del palazzo.
Nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di L’Aquila, con sentenza in data 18.10.2012, per quanto rileva in questa sede, dichiarava D.A.D. responsabile dei delitti di omicidio colposo plurimo e lesioni personali, condannando l’imputato alla pena di anni tre di reclusione oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separato giudizio. Al prevenuto si contesta – in qualità di ingegnere progettista architettonico, strutturale e direttore dei lavori, negli anni 2000 e 2001, per la realizzazione ex novo di un tetto di copertura a falde in cemento armato posto sopra il preesistente sesto solaio del palazzo sito in (OMISSIS); ed in qualità di amministratore pro tempore del predetto condominio; per colpa generica e specifica – di avere progettato il tetto di copertura a falde senza considerare le necessarie esigenze di adeguatezza sismica, senza effettuare le dovute valutazioni sulle condizioni di sicurezza strutturale dell’edificio, sia nello stato di fatto che in quello post- intervento; di avere omesso di redigere e di depositare al Genio Civile dell’Aquila la relazione tecnica descrittiva e la relazione di calcolo delle strutture; di avere consentito l’edificazione della nuova copertura, che aumentava i carichi permanenti sul solaio; di avere omesso di effettuare ogni valutazione di adeguatezza statica e sismica della strutture dell’edificio; di avere imprudentemente attestato nella relazione tecnico illustrativa depositata al Genio Civile dell’Aquila il 19.01.2000 che gli interventi di progetto non comportavano sostanziali alterazioni dello schema strutturale e che erano da escludere fenomeni di ribaltamento della costruzione; e di avere così cagionato il crollo o comunque cooperato nel porre in essere le condizioni del crollo del palazzo di cui si tratta, interamente collassato in occasione della scossa di terremoto del 6.04.2009, ore 3.32; in tal modo cagionando la morte di più persone e lesioni personali.
Il Tribunale chiariva che il crollo del palazzo era il risultato di una convergenza di concause, tra le quali l’intrinseca fragilità dell’edificio; che la scossa sismica del 6.04.2009 non poteva qualificarsi come causa atipica o eccezionale; e che l’opera di rifacimento del tetto, effettuata nel corso del 2000, non aveva avuto alcuna incidenza causale, rispetto al crollo del palazzo come in concreto verificatosi.
Tanto chiarito, il Tribunale evidenziava che la responsabilità dell’imputato discendeva dai profili di colpa omissiva indicati nel capo di imputazione.
Segnatamente, il primo giudice considerava che D.A., nel redigere il progetto relativo all’edificazione della nuova copertura, era gravato da un triplice ordine di obblighi, di fonte contrattuale e legale, secondo gli strumenti tecnici e normativi vigenti, così sintetizzabili: 1) l’effettuazione della verifica dello stato del fabbricato, preesistente rispetto ai lavori; 2) la predisposizione di un progetto strutturale, relativo ai nuovi lavori; 3) l’eventuale opera di consolidamento del fabbricato, ove necessario, secondo la tipologia dell’intervento. Ciò posto, il Tribunale osservava che l’intervento di cui si tratta doveva qualificarsi come sopraelevazione; e considerava che, conseguentemente, ai sensi del D.M. 16 gennaio 1996, vi era l’obbligo di procedere ad un intervento di adeguamento, per rendere l’edificio atto a resistere alle azioni sismiche. In particolare, il Tribunale rilevava che D.A. non aveva effettuato lo studio preliminare dell’organismo edilizio; che, nella Relazione illustrativa e tecnica acquisita agli atti, aveva descritto in modo del tutto generico le modalità di realizzazione della nuova opera; e che mancava l’analisi sullo stato del preesistente edificio e sulla capacità di resistenza alle forze sismiche, rispetto alle possibili variazioni di assetto statico, indotte dalla nuova opera.
Il Tribunale riteneva sussistente il nesso di derivazione causale tra la descritta condotta omissiva posta in essere dal garante e l’evento, osservando che qualora l’imputato avesse rispettato le prescrizioni di legge, prima di procedere alla sopraelevazione, si sarebbe reso conto dello stato di fatiscenza dell’immobile ed avrebbe provveduto al consolidamento della struttura preesistente.
Il Tribunale osservava che l’imputato, ove avesse effettuato le verifiche previste dalla normativa vigente, avrebbe proposto all’assemblea condominiale le possibili soluzioni e messo in guardia i condomini, rispetto alle precarie condizioni statiche dell’immobile ed alle sue scarse capacità di resistenza alle azioni sismiche; che tale conoscenza avrebbe sortito effetti salvifici per gli sfortunati residenti del condominio, posto che dinanzi al pericolo, costituito dalla sequenza sismica manifestatasi nel gennaio del 2009, costoro avrebbero potuto valutare una gamma più ampia di precauzioni; e che l’assemblea condominiale, ove correttamente informata, avrebbe potuto disporre il consolidamento del palazzo.
2. La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza in data 10.02.2014, in parziale riforma della richiamata sentenza, rideterminava la pena originariamente inflitta, concedeva all’imputato il beneficio della sospensione condizionale, eliminava la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici e confermava nel resto.
Il Collegio osservava che l’imputato, se pure aveva realizzato un intervento che non comportava la necessità di un progetto strutturale descrittivo delle nuove opere, aveva omesso di effettuare la verifica sulla statica dell’edificio, accertamento necessitato, anche al fine di qualificare come “minimali” i lavori di realizzazione della copertura. Sul punto, la Corte territoriale evidenziava che D.A. aveva omesso qualsiasi verifica sulla stato del palazzo, non aveva predisposto un progetto esecutivo/strutturale dei nuovi lavori con le opportune relazioni di calcolo, nè aveva analizzato le reciproche relazioni, tra il preesistente stato dell’edificio e i nuovi lavori da realizzare. La Corte di merito sottolineava, inoltre, che l’imputato aveva omesso di presentare la documentazione tecnica al Genio Civile, di cui al punto 1.3 del Titolo 2^, Capitolo 1, del D.M. 20 novembre 1987, documentazione che deve essere presentata anche qualora risulti che non occorrono provvedimenti di consolidamento; e che nella relazione tecnica prodotta al Genio Civile non era dimostrato che i nuovi lavori non producessero modifiche sostanziali del comportamento strutturale dell’edificio.
Il Collegio considerava che dette omissioni risultavano drammaticamente rilevanti, se poste in relazione con le condizioni dinamicamente precarie dell’edificio, come accertate in corso di dibattimento. E sottolineava che le condotte omesse, ove realizzate, avrebbero certamente avuto l’effetto di evitare il crollo, in quanto il prevenuto avrebbe potuto agevolmente verificare la scarsa qualità del materiale costruttivo; censire la quantità di aperture (luci e finestre) effettuate sui muri portanti; verificare la qualità dei collegamenti tra muri portanti e solai di piano. Al riguardo, in sentenza si osserva che D.A. avrebbe potuto riferire all’assemblea condominiale le informazioni così acquisite sulle precarie condizioni del fabbricato e sulla scarsa capacità di resistenza dello stesso alle azioni sismiche; e che l’assemblea avrebbe così potuto adottare i possibili rimedi per rendere l’edifico più solido. Con la precisazione che anche nel caso in cui l’assemblea non avesse scelto di deliberare, negli anni successivi, l’effettuazione di interventi per rinforzare le strutture dell’edificio, qualora l’imputato avesse fornito le dovute informazioni, i condomini avrebbero potuto meglio valutare i comportamenti precauzionali da assumere, per tutelare la propria incolumità, di fronte al pericolo costituito da scosse di terremoto di intensità e frequenza crescente, manifestatesi sin dal gennaio del 2009.
Il Collegio osservava, infine, che a prescindere dalla qualificazione dell’intervento di cui si tratta come “sopraelevazione”, le accertate caratteristiche dei nuovi lavori imponevano di effettuare la valutazione di sicurezza del fabbricato preesistente.
3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila ha proposto ricorso per cassazione D.A.D., a mezzo del difensore.
Con unico articolato motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio motivazionale.
L’esponente osserva che il presente procedimento è caratterizzato da un radicale contrasto tra le conclusioni rassegnate da periti e consulenti tecnici e la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. La parte osserva che le sentenze di primo e secondo grado affermano che D.A. avrebbe omesso di effettuare i dovuti controlli, prima di procedere alla esecuzione dei nuovi lavori; che l’effettuazione dei predetti controlli avrebbe dovuto indurre il D. A. ad effettuare interventi di consolidamento dell’edificio; e che in tal caso il fabbricato avrebbe resistito al terremoto del 2009.
Il ricorrente osserva che i periti hanno di converso affermato che non ricorrevano i presupposti per procedere al consolidamento; che l’intervento era minimale; che non occorreva l’effettuazione di progettazione strutturale e neppure di relazioni sullo stato e la consistenza del fabbricato prima della nuova opera e rispetto alla capacità di resistenza dell’edificio a sollecitazioni sismiche.
Ciò posto, l’esponente osserva che il dissenso del giudice di primo grado dai pareri tecnici resi dagli esperti, nel caso di specie, non risulta plausibilmente giustificato. E che la Corte di Appello, nel discostarsi parimenti dell’opinione tecnica, ha sviluppato un percorso argomentativo ancora diverso. La parte osserva che la Corte territoriale ha affermato che le ricostruzioni dell’intervento effettuate dai periti si sono basate su mere supposizioni, posto che l’edificio è ormai crollato. Il deducente considera che neanche le conclusioni espresse dai giudici di appello, rispetto alla valenza causale da assegnare alle ritenute omissioni ascrivibili all’imputato, non risultano verificabili. E rileva che la stessa sentenza impugnata considera che nel contratto di appalto stipulato con l’impresa costruttrice l’opera da realizzare era puntualmente descritta.
L’esponente osserva che la Corte territoriale ha affermato che D. A. avrebbe dovuto effettuare una analisi comparativa tra lo stato preesistente e quello futuro del fabbricato, procedendo alla verifica dell’intera consistenza dell’edificio. Al riguardo, la parte considera che la normativa vigente, contenente norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche, prevede che, nel caso di interventi di miglioramento, il relativo progetto deve riguardare unicamente le opere interessate; ed assume che, nel caso, l’intervento consisteva in una semplice modifica del tetto. Il ricorrente osserva che, conseguentemente, non è dato comprendere le ragioni per le quali D. A. avrebbe dovuto effettuare le verifiche reclamate dalla sentenza impugnata; e che neppure risulta comprensibile il motivo per il quale i giudici hanno disatteso la valutazione effettuata dai periti, sulla natura dell’intervento di cui si tratta che non comportava una modifica delle altezze. L’esponente rileva allora che le omissioni che si ascrivono all’imputato non possono essere definite come rilevanti, rispetto al crollo del palazzo.
Il ricorrente ha depositato motivo nuovi.
Con il primo motivo nuovo la parte rileva che la Corte di Appello si è illogicamente discostata dalle conclusioni espresse dai periti, osservando che i tecnici si erano basati su supposizioni non verificabili, per l’intervenuto crollo dell’edificio.
Con il secondo motivo nuovo l’esponente denuncia il vizio motivazionale, in riferimento alla sussistenza del nesso di causalità tra il crollo dell’edificio e le morti verificatesi e le condotte omissive ascritte al D.A.. Osserva che nel caso la Corte territoriale ha omesso di individuare la legge universale o statistica di riferimento, rispetto al tipo di fenomeno. Il ricorrente considera che il sisma deve comunque essere qualificato come causa da sola sufficiente a determinare l’evento, ai sensi dell’art. 41 c.p., comma 2.
Con il terzo motivo nuovo l’esponente contesta che D.A. abbia assunto una posizione di garanzia rispetto al consolidamento dell’edificio, posto che i lavori di effettuati dall’imputato non possono qualificarsi come sopraelevazione. La parte rileva che la Corte di Appello ha sviluppato un ragionamento artificioso, che non trova riscontro sul piano scientifico.
Con il quarto motivo nuovo vengono articolate censure, rispetto alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Al riguardo, l’esponente ribadisce che la normativa di riferimento prescriveva l’obbligo di procedere al consolidamento del fabbricato solo in caso di sopraelevazione dell’edificio; considera che D.A., a fronte di un intervento che non comportava alcun tipo di sopraelevazione, qualificato come minimale dai periti, legittimamente non procedette al consolidamento; e sottolinea che l’intervento aveva addirittura comportato una riduzione di peso sulla struttura di circa 40 tonnellate. Il deducente esclude che possano rinvenirsi nella condotta dell’imputato profili di colpa specifica e neppure di colpa generica; e considera che l’evento non era prevedibile, con valutazione ex ante, a fronte dello svolgimento dei lavori di copertura di cui si tratta, di carattere minimale, e dello stato dell’edificio. Sotto altro aspetto, il ricorrente osserva che l’evento non era evitabile, anche ipotizzando come realizzato il comportamento alternativo corretto.
Con il quinto motivo nuovo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 434 c.p., in riferimento all’art. 449 c.p.. Osserva che l’edifico versava in uno stato di intrinseca fragilità, preesistente alla condotta del D.A.; e rileva che l’azione dell’imputato non ha creato ex novo alcuno stato di pericolo, ma, anzi, lo ho ridotto, avendo prodotto una diminuzione del peso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
2. Si procede all’esame delle censure dedotte con il ricorso originario, unitamente alle questioni affidate al primo motivo nuovo ed al terzo motivo nuovo.
I giudici di merito, concordemente, hanno affermato la penale responsabilità dell’imputato, rispetto ai delitti di crollo e omicidio colposo plurimo, ritenendo che il prevenuto sia venuto meno agli obblighi, di fonte contrattuale e legale, gravanti sul progettista, in riferimento all’edificazione della nuova copertura del fabbricato di cui si tratta, realizzata negli anni 2000 /2001.
I giudici, cioè, hanno valorizzando i profili di colpa omissiva, in assunto emergenti dalla condotta posta in essere dal progettista, nella situazione data. Tanto si afferma, posto che la ratio decidendi delle sentenze di merito poggia sulla ritenuta inosservanza, da parte dell’imputato, rispetto agli obblighi che avrebbero imposto di effettuare la preventiva verifica della situazione strutturale del fabbricato. Invero, il riferimento, pure contenuto nella sentenza della Corte di Appello, al passaggio presente nella relazione tecnica presentata al Genio Civile, circa l’esclusione di fenomeni di ribaltamento della costruzione per effetto di azioni sismiche, non impinge la giustificazione della affermazione di responsabilità, che discende dal mancato rispetto dei diversi obblighi gravanti sul progettista, come subito si vedrà.
Occorre, pertanto, soffermarsi sugli elementi strutturali della fattispecie omissiva impropria, rispetto alla quale è intervenuta l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, con specifico riguardo: al contenuto degli obblighi impeditivi gravanti sul progettista; ed alla riconducibilità causale degli eventi alla condotta attesa.
2.1 Soffermandosi sul primo ordine di questioni, occorre richiamare le valutazioni espresse dalla Corte di Appello, nel procedere alla qualificazione dell’intervento di rifacimento del tetto, effettuato nel 2000 e sulla selezione dei conseguenti obblighi gravanti sul progettista. Il Collegio, discostandosi dall’opinione tecnica resa dai consulenti e dai periti, ha affermato che i predetti l’avori non possono qualificarsi come “minimali”. La Corte distrettuale ha osservato che, anche prescindendo dalla questione relativa alla intervenuta sopraelevazione dell’edificio, per effetto del rifacimento della copertura, ciò che risulta decisivo è la consistenza degli obblighi, gravanti sul progettista, il quale è tenuto a dimostrare che il nuovo intervento non produce modifiche sostanziali sulla struttura dell’edificio. Muovendo da tale assunto, il Collegio ha rilevato che il progettista D.A. aveva lo specifico dovere di effettuare una analisi comparativa, tra lo stato preesistente e quello futuro del fabbricato, rispetto all’intervento programmato.
Non sfugge che le valutazioni che si sono ora sinteticamente richiamate involgono l’interpretazione giuridica, come espressa in sede di merito, degli strumenti edilizi rappresentati dal D.M. 24 gennaio 1986, recante norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche, ripreso, senza modifiche, dal D.M. 16 gennaio 1996, al punto C.9.2.1, e seguenti, ove si specifica che “Nella relazione tecnica deve essere dimostrato che gli interventi progettati non producano sostanziali modifiche nel comportamento strutturale globale dell’edificio”. Detta specifica opinione interpretativa, circa l’ambito di operatività degli strumenti edilizi di riferimento, non viene altrimenti sindacata, in questa sede di legittimità. Ciò che rileva, nel presente scrutinio, è che le riferite valutazioni, sulla consistenza degli obblighi gravanti sul progettista, espresse dalla Corte territoriale, discendono, in realtà, dall’apprezzamento relativo alla natura ed alla consistenza delle opere di rifacimento della copertura del fabbricato. Deve osservarsi che nel procedere alla selezione del contenuto degli obblighi gravanti sul progettista, rispetto ad interventi su edifici preesistenti, effettuati in zona sismica, i giudici di merito hanno fatto ampio riferimento alla consistenza delle opere di cui si tratta. Ed invero, nel delineare le condotte omissive, penalmente rilevanti, riferibili all’imputato, sono state espresse valutazioni rispetto alla doverosità delle analisi relative allo stato preesistente dell’edificio ed alla capacità del fabbricato di resistere alle forze sismiche, che discendono proprio dall’apprezzamento relativo alla morfologia ed alla consistenza delle nuove opere. Decisivo richiamare, al riguardo, il passaggio motivazionale (pagine 33 e 34 della sentenza impugnata) ove l’estensore chiarisce che la valutazione di sicurezza del fabbricato esistente discende dalle caratteristiche dell’intervento di cui si tratta, che non comportava un semplice incremento di altezza in gronda e che non appariva realizzato con materiali leggeri.
In tali termini, si introduce l’analisi delle doglianze che involgono il percorso argomentativo espresso dalla Corte territoriale, nel discostarsi dalle valutazioni rese dai periti e dai consulenti tecnici, rispetto all’inquadramento delle opere di cui si tratta.
Occorre richiamare i principi che, secondo diritto vivente, governano l’apprezzamento giudiziale della prova scientifica da parte del giudice di merito e che presiedono al controllo che, su tale valutazione, può essere svolto in sede di legittimità.
Nel delineare l’ambito dello scrutinio di legittimità, secondo i limiti della cognizione dettati dall’art. 609 c.p.p., si è chiarito che alla Corte regolatrice è rimessa la verifica sulla ragionevolezza delle conclusioni alle quali è giunto il giudice di merito, che ha il governo degli apporti scientifici forniti dagli specialisti. La Suprema Corte ha evidenziato, sul piano metodologico, che qualsiasi lettura della rilevanza dei saperi di scienze diverse da quella giuridica, utilizzabili nel processo penale, non può avere l’esito di accreditare l’esistenza, nella regolazione processuale vigente, di un sistema di prova legale, che limiti la libera formazione del convincimento del giudice; che il ricorso a competenze specialistiche con l’obiettivo di integrare i saperi del giudice, rispetto a fatti che impongono metodologie di individuazione, qualificazione e ricognizione eccedenti i saperi dell’uomo comune, si sviluppa mediante una procedimentalizzazione di atti (conferimento dell’incarico a periti e consulenti, formulazione dei relativi quesiti, escussione degli esperti in dibattimento) ad impulso del giudicante e a formazione progressiva; e che la valutazione di legittimità, sulla soluzione degli interrogativi imposti dalla concretezza del caso giudicato, riguarda la correttezza e conformità alle regole della logica dimostrativa dell’opinione espressa dal giudice di merito, quale approdo della sintesi critica del giudizio (Cass. Sez. 4, sentenza n. 80 del 17.01.2012, dep. 25.05.2012, n.m.).
In tale ambito ricostruttivo, si è pure chiarito che il sapere scientifico costituisce un indispensabile strumento, posto al servizio del giudice di merito; e che, non di rado, la soluzione del caso posto all’attenzione del giudicante, nei processi ove assume rilievo l’impiego della prova scientifica, viene a dipendere dall’affidabilità delle informazioni che, attraverso l’indagine di periti e consulenti, penetrano nel processo. Si tratta di questione di centrale rilevanza nell’indagine fattuale, giacchè costituisce parte integrante del giudizio critico che il giudice è chiamato ad esprimere sulle valutazioni di ordine extragiuridico emerse nel processo. Il giudice deve, pertanto, dare conto del controllo esercitato sull’affidabilità delle basi scientifiche del proprio ragionamento, soppesando l’imparzialità e l’autorevolezza scientifica dell’esperto che trasferisce nel processo conoscenze tecniche e saperi esperienziali. E, come sopra chiarito, il controllo che la Corte Suprema è chiamata ad esercitare, attiene alla razionalità delle valutazioni che a tale riguardo il giudice di merito ha espresso nella sentenza impugnata. La Suprema Corte, cioè, è chiamata a valutare la correttezza metodologica dell’approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Rv. 248944; Cass. Sez. 4, sentenza n. 42128 del 30.09.2008, dep. 12.11.2008, n.m.). Si è pure considerato che il giudice di merito può fare legittimamente propria, allorchè gli sia richiesto dalla natura della questione, l’una piuttosto che l’altra tesi scientifica, purchè dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire; e che, nell’esercizio del relativo potere discrezionale, il giudice deve enunciare, con adeguatezza e logicità, gli argomenti che si sono resi determinanti per la formazione del suo convincimento (vedi, da ultimo, Cass. Sez. 4, sentenza n. 492 del 14.11.2013, dep. 10.01.2014, n.m.).
Applicando i principi di diritto ora richiamati, per condivise ragioni, al caso che occupa, deve rilevarsi che la Corte di Appello, nel disattendere le valutazioni rese da periti d’ufficio e consulenti tecnici di parte, sul carattere “minimale” dell’intervento progettato dal D.A., ha espresso valutazioni che risultano inficiate dalle denunziate aporie di ordine logico. Il Collegio, invero, da un lato ha affermato che le valutazioni espresse dai periti di ufficio, come pure dai consulenti di parte, si basavano su mere supposizioni, atteso che l’edificio era ormai crollato, nel momento in cui i tecnici avevano effettuato le loro considerazioni. Si tratta di assunto non conducente, atteso che gli stessi giudici osservano, e considerano, che agli atti risulta acquisita la documentazione planimetrica dell’edificio e la relazione tecnica del progetto di realizzazione del tetto. Dall’altro, la Corte ha rilevato che i tecnici incaricati avevano operato una ricostruzione ex post dell’intervento di rifacimento della copertura, mentre al progettista era richiesto di effettuare, ex ante, la valutazione relativa all’effetto che avrebbero prodotto i lavori, tenuto conto dello stato preesistente del fabbricato, nell’ottica della resistenza sismica dell’edificio. Anche la riferita valutazione, basata sulla ritenuta speculazione a posteriori che sarebbe stata effettuata dai tecnici, rispetto ai doveri preliminari gravanti sul progettista, discendenti dal tipo di intervento da realizzare, non appare logicamente conferente. Tanto si afferma, avuto riguardo al tipo di indagine che era stata demandata specificamente ai periti di ufficio, incombente disposto dal giudice nel corso del dibattimento di primo grado, che involgeva l’analisi dell’edificio in questione, rispetto alla tipologia dell’intervento realizzato nel corso dell’anno 2000.
Conclusivamente sul punto, deve rilevarsi che la Corte distrettuale, nel discostarsi dai pareri espressi dagli esperti nel corso del giudizio, non ha enunciato, con adeguatezza e logicità, gli argomenti che si sono resi determinanti per la formazione del proprio convincimento, ma si è limitata ad esprimere una diversa opinione, sulla tipologia dell’intervento realizzato dal D.A., opinione non supportata da informazioni tecniche idonee a smentire le conclusioni rassegnate dai periti di ufficio.
2.2 Occorre ora soffermarsi sull’ulteriore elemento costitutivo del reato omissivo improprio per il quale si procede, relativo alla riconducibilità causale degli eventi naturalistici, rispetto agli adempimenti che il progettista ha omesso di realizzare; si tratta, cioè, di analizzare il tema relativo all’accertamento della riferibilità causale degli eventi lesivi, provocati dal collasso del fabbricato per effetto della scossa tellurica del 6.04.2009, ai richiamati comportamenti omissivi ascritti al D.A..
Il tema in esame involge, come noto, l’analisi della utilità salvifica che è dato assegnare alla condotta omessa, nel contesto fenomenologico di riferimento: la Corte di Appello, al riguardo, ha affermato che il doveroso comportamento, da parte del progettista D. A., il quale aveva l’obbligo di verificare lo stato strutturale del fabbricato, avrebbe sortito due ordini di conseguenze: a) avrebbe indotto l’assemblea dei condomini a deliberare negli anni seguenti al 2000 l’effettuazione di interventi strutturali di consolidamento dell’edificio; b) avrebbe determinato i singoli condomini, allertati dallo sciame sismico manifestatosi nel gennaio del 2009, ad adottare comportamenti autoprotettivi, una volta che i medesimi condomini fossero stati resi edotti della carenza strutturale del fabbricato; e ciò, se pure l’assemblea condominiale non avesse deliberato l’effettuazione di opere di consolidamento strutturale del fabbricato. Secondo il ragionamento sviluppato dalla Corte di merito, assumendo come adempiuta la condotta attesa, è dato ritenere che gli eventi (rappresentati dalle morti delle persone dimoranti nel palazzo crollato) non si sarebbero verificati. Ciò in quanto, il progettista D.A., in occasione dell’incarico di rifacimento del tetto, avrebbe dovuto verificare le condizioni del fabbricato; così operando avrebbe accertato le carenze strutturali dell’edificio;
avrebbe, quindi, proposto ai condomini di deliberare i necessari interventi di consolidamento strutturale dell’edificio, interventi che avrebbero con ragionevole probabilità evitato il collasso dell’edifico, in occasione del sisma (ipotesi sub a). In riferimento al diverso caso in cui l’assemblea condominiale avesse scelto di non effettuare alcun intervento strutturale, il Collegio ha considerato che i singoli condomini avrebbero potuto abbandonare l’edificio ritenuto non sicuro, sulla scorta delle informazioni comunque ricevute dal D.A., dinanzi al pericolo rappresentato dalle scosse verificatesi nel mese di gennaio 2009, così limitando gli effetti dannosi del successivo crollo del palazzo (ipotesi sub b).
E bene, posto che deve escludersi la natura eccezionale ed imprevedibile del rischio sismico, nel contesto storico di riferimento di cui si tratta, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire (Sez. 4, Sentenza n. 2536 del 23/10/2015, dep. 21/01/2016, Rv. 265794), occorre soffermarsi sulla valutazione espressa dalla Corte territoriale, rispetto a ciascuna delle alternative ipotesi ricostruttive ora richiamate, in riferimento agli ordinari criteri individuati dal diritto vivente, per l’accertamento, in sede giudiziale, delle relazioni causali, tra una categoria di condizioni ed una categoria di eventi.
Sul tema relativo ai criteri di accertamento del rapporto di causalità, la giurisprudenza di legittimità ha osservato che deve considerarsi utopistico un modello di indagine causale, fondato solo su strumenti di tipo deterministico e nomologico-deduttivo, affidato esclusivamente alla forza esplicativa di leggi universali: ciò in quanto, nell’ambito dei ragionamenti esplicativi, si formulano giudizi sulla base di generalizzazioni causali, congiunte con l’analisi di contingenze fattuali. In tale prospettiva, si è chiarito che il coefficiente probabilistico della generalizzazione scientifica non è solitamente molto importante; e che è invece importante che la generalizzazione esprima effettivamente una dimostrata, certa, relazione causale tra una categoria di condizioni ed una categoria di eventi (cfr. Cass. Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, Rv. 222138). Nella verifica dell’imputazione causale dell’evento, cioè, occorre dare corso ad un giudizio predittivo, sia pure riferito al passato: il giudice si interroga su ciò che sarebbe accaduto se l’agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta. Con particolare riferimento alla casualità omissiva – che viene in rilievo nel caso di specie – si osserva poi che la giurisprudenza di legittimità ha enunciato il carattere condizionalistico della causalità omissiva, indicando il seguente itinerario probatorio: il giudizio di certezza del ruolo salvifico della condotta omessa presenta i connotati del paradigma indiziario e si fonda anche sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico, da effettuarsi ex post sulla base di tutte le emergenze disponibili e culmina nel giudizio di elevata “probabilità logica” (Cass. Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, cit.); e che le incertezze alimentate dalle generalizzazioni probabilistiche possono essere in qualche caso superate nel crogiuolo del giudizio focalizzato sulle particolarità del caso concreto quando l’apprezzamento conclusivo può essere espresso in termini di elevata probabilità logica (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Cozzini, Rv. 248943). Ai fini dell’imputazione causale dell’evento, pertanto, il giudice di merito deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente con le particolarità della fattispecie concreta, chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto all’imputato dall’ordinamento. Si tratta di insegnamento da ultimo ribadito dalle Sezioni Unite che si sono soffermate sulle questioni riguardanti l’accertamento giudiziale della causalità omissiva ed i limiti che incontra il sindacato di legittimità, nel censire la valutazione argomentativa espressa in sede di merito (cfr. Cass. Sez. U, sentenza n. 38343 del 24.04.2014, dep. 18.09.2014, 261106). Nella sentenza ora richiamata, le Sezioni Unite hanno sviluppato il modello epistemologico già indicato nella citata pronunzia del 2002, delineando un modello dell’indagine causale capace di integrare l’ipotesi esplicativa delle serie causali degli accadimenti e la concreta caratterizzazione del fatto storico, chiarendo che, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto.
E bene, la motivazione espressa dalla Corte territoriale, sul tema della riferibilità causale dell’evento alla condotta omissiva del D.A., risulta carente, rispetto al percorso epistemologico ora sinteticamente delineato, con riferimento ad entrambi gli scenari causali, ipotizzati in sentenza. Con riguardo all’ipotesi sub a) ipotesi in cui l’evento naturalistico, dato dal crollo dello stabile, poteva essere evitato dall’effettuazione di un consolidamento strutturale – nessuna indicazione viene offerta, dalla Corte territoriale, rispetto alla probabilità che l’assemblea condominiale avrebbe effettivamente deliberato, a fronte delle informazioni ricevute dall’ingegnere D.A., all’esito delle doverose verifiche sullo stato del palazzo, l’effettuazione di non meglio specificate opere di consolidamento dell’intero edificio, tali da consentire, con “ragionevole probabilità”, allo stesso edificio di resistere al sisma del 2009. Altrimenti detto, la sentenza non richiama neppure un principio di prova, al fine di sostenere che, assumendo come adempiuta la condotta doverosa, si possa eliminare, con elevata probabilità logica, la verificazione dell’evento, dato dal crollo dell’edificio; ciò in quanto, non viene offerto alcun elemento che indichi le ragioni in base alle quali ritenere che l’assemblea dei condomini, acquisita l’informazione relativa allo stato del fabbricato, avrebbe deliberato l’effettuazione di non meglio precisati interventi strutturali, con oneri di spesa rimasti del tutto indefiniti.
Del resto, la stessa Corte di Appello appare consapevole del carattere del tutto ipotetico dell’assunto, tanto che, in sentenza, viene ipotizzato un secondo scenario causale, nel quale il sub evento naturalistico è dato dai comportamenti autoprotettivi che le persone dimoranti nell’edificio avrebbero potuto assumere, ove rese edotte del reale stato del fabbricato. Introdotta in tali termini l’esame dell’ipotesi sub b), non può che rilevarsi che, anche rispetto a tale scenario, i giudici hanno omesso di spiegare, secondo il paradigma del ragionamento ipotetico deduttivo sopra richiamato, le ragioni per le quali i condomini, dopo lo sciame sismico del mese di gennaio 2009, in assenza di fenomeni indicativi della fragilità strutturale del fabbricato, avrebbero, con alta probabilità logica, deciso di abbandonare per diversi mesi l’edificio, così da non essere travolti dal crollo dello stabile, che si sarebbe verificato la notte del 6 aprile 2009. A margine di tali rilievi, è poi appena il caso di osservare che il percorso argomentativo posto a fondamento della sentenza impugnata, in ordine al tema della riferibilità causale degli eventi agli omessi accertamenti sullo stato dell’edificio da parte del D.A. e rispetto alla mancanza di informazioni veicolate dal predetto ingegnere all’assemblea dei condomini, risulta carente anche rispetto ai più recenti arresti giurisprudenziali, relativi alla cosiddetta causalità psichica.
La Corte regolatrice ha infatti da ultimo osservato che la causalità psichica, pur ponendosi in termini del tutto peculiari, rispetto alle forme tradizionali della causalità relativa ai fenomeni d’indole naturalistica – trattandosi di vicende che si combinano e risolvono integralmente nell’ambito della dimensione spirituale della persona, indotta a tenere una determinata condotta, dall’azione (o dalla comunicazione) di un terzo soggetto, fuori da ogni possibile e concreta opportunità di osservazione o di verifica – non sfugge, ai fini del giudizio penale, alla necessità della preventiva ricerca di possibili generalizzazioni esplicative delle azioni individuali, sulla base di consolidate e riscontrabili massime di esperienza, capaci di selezionare ex ante le condotte condizionanti (socialmente o culturalmente tipizzabili), da sottoporre successivamente all’accertamento causale ex post. Con la precisazione che, alla posizione (in termini congetturali) di tale ipotesi deve necessariamente far seguito, ai fini dell’affermazione concreta della relazione causale, il rigoroso e puntuale riscontro critico fornito dalle evidenze probatorie e dalle contingenze del caso concreto (secondo il procedimento logico dell’induzione), suscettibili di convalidare o falsificare l’ipotesi originaria e, contestualmente, di escludere o meno la plausibilità di ogni altro decorso causale alternativo, al di là di ogni ragionevole dubbio (Sez. 4, sentenza n. 12478 del 19 novembre 2015, P.G. in proc. Barberi e altri, n.m.).
Come si vede, nel caso di specie si è affermato, in termini congetturali, il condizionamento che sarebbe derivato dall’attività informativa dell’imputato, rispetto alle possibili deliberazioni dell’assemblea condominiale ed in ordine ai comportamenti auto protettivi dei singoli occupanti l’edificio, in assenza della necessaria verifica controfattuale, da svolgersi in termini particolarmente rigorosi e puntuali, proprio in considerazione della natura delle relazioni causali di cui si discute.
3. Si impone, per quanto detto, l’annullamento della sentenza impugnata perchè il fatto-reato, come ritenuto in sentenza, non sussiste. Come sopra chiarito, invero, sfugge la prova della sussistenza degli elementi strutturali del reato omissivo improprio, sia in riferimento al contenuto degli obblighi impeditivi gravanti sul D.A.; sia con riguardo all’accertamento della relazione causale, intercorrente tra la condotta che si ritiene omessa e gli eventi lesivi, in concreto verificatisi. Nel delineato quadro di carenza probatoria, come riportato dal giudice di merito, sfugge la possibilità di una riconsiderazione alternativa del compendio fattuale, in sede di riedizione del giudizio di merito, rispetto alle ipotesi di reato in addebito. La sentenza, pertanto, deve essere annullata senza rinvio, non residuando margini per un utile esercizio dei relativi poteri discrezionali, da parte del giudice, in sede di giudizio rescissorio. Resta assorbito ogni ulteriore tema di doglianza.
PQM
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 1 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016