Secondo la normativa vigente, la commissione valuta i testi dell’esame di avvocato sulla base alcuni parametri; è dunque utile e quanto mai opportuno che ogni candidato conosca le regole che i commissari devono seguire nella valutazione dei compiti. La stessa ricerca di un metodo non può prescindere da questa analisi. La disposizione cui ci riferiamo è l’art. 1 bis, co. 9 della legge 18 luglio 2003, n. 180 (in G.U. 21/07/2003, n.167), di conversione del D.L. 21 maggio 2003, n. 112 “Modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense” (GU n.117 del 22-5-2003 )
La commissione istituita presso il Ministero della giustizia definisce i criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali e il presidente ne dà comunicazione alle sottocommissioni. La commissione è comunque tenuta a comunicare i seguenti criteri di valutazione:
…
b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici;
(Omissis)
Con questo secondo criterio il legislatore esige prova, da parte del candidato, della sua abilità non solo teorico-giuridica, ma anche di applicazione pratica (rectius: concreta). Non bisogna dimenticare che la traccia non è altro che “il problema da risolvere”. L’incipit dell’elaborato deve rappresentare la sintesi di una deduzione: qual è il problema? Di cosa tratta il mio parere? Il commissario dovrà immediatamente accorgersi della chiarezza, pertinenza, completezza espositiva, e della capacità di sintesi del candidato. La continua interlocuzione con la traccia è l’unico approccio in grado di svelare tutte le problematiche che essa pone: in quei giorni il cliente che si rivolge all’avvocato (candidato) è la traccia.
Nei giorni d’esame la tensione può giocare brutti scherzi, indi può essere utile allenarsi alla lettura della traccia come segue:
– prima lettura: leggere il testo per intero senza soffermarsi particolarmente sulle problematiche, cercando di comprendere appieno lo svolgimento dei fatti (proprio come se avessimo di fronte il cliente che sta “raccontando” la sua problematica);
– seconda lettura: rileggere più lentamente cercando di soffermarsi sull’inquadramento giuridico delle fattispecie e sulle probabili soluzioni in concreto adottabili; è importante considerare ogni parola poiché nulla è casuale e l’utilizzo di un termine può suggerire una certa soluzione a scapito di altre.
Individuato il problema giuridico è opportuno riassumerlo nelle prime righe del parere; il passo successivo è rintracciare tutti i riferimenti normativi, attività necessaria ma non sufficiente in quanto i riferimenti raccolti devono essere selezionati e motivati. La capacità di soluzione di specifici problemi giuridici esige un ragionamento che passa anche attraverso riferimenti alla dottrina e alla giurisprudenza: il richiamo a massime giurisprudenziali riportate nei codici annotati è consentito (purché pertinente e non sovrabbondante) tuttavia, i relativi riferimenti testuali vanno adeguatamente virgolettati o comunque deve esserne indicata la fonte giurisprudenziale.
Motivare è sicuramente il metodo vincente; nessuna affermazione deve rimanere “appesa”, pena la mancanza di fluidità e di attrattiva del parere. Non bisogna spaventarsi, bisogna leggere, ragionare, individuare il problema e cercare una soluzione attraverso le norme (il diritto); la massima giurisprudenziale potrà servire ad obliterare il ragionamento, attribuendogli maggiore forza: la conclusione del ragionamento e della massima deve essere la medesima e quest’ultima non deve porsi come presupposto della soluzione adottata ma come logica conseguenza dell’analisi delle norme.
Consigli: scrivere in terza persona. Non utilizzare un linguaggio perentorio.