Carattere parziario dell’obbligazione dei coeredi

– Cass., Sez. VI-II, n. 8487/2016-

In tema di debiti ereditari, è stato ribadito il carattere parziario dell’obbligazione dei coeredi: infatti, Sez. 6-2, n. 8487/2016, Scalisi, Rv. 639756, ha dato continuità al principio secondo cui in caso di successione mortis causa di una pluralità di eredi nel lato passivo del rapporto obbligatorio, il debito del de cuius si fraziona pro quota tra gli aventi causa, sicché il rapporto che ne deriva non è unico e inscindibile e, in caso di giudizio instaurato per il pagamento del debito ereditario, non sussiste, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause, litisconsorzio necessario tra gli eredi del defunto, né in primo grado, né nella fase di gravame.

In caso di successione “mortis causa” di una pluralità di eredi nel lato passivo del rapporto obbligatorio, il debito del “de cuius” si fraziona “pro quota” tra gli aventi causa, sicché il rapporto che ne deriva non è unico e inscindibile e, in caso di giudizio instaurato per il pagamento del debito ereditario, non sussiste, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause, litisconsorzio necessario tra gli eredi del defunto, né in primo grado, né nella fase di gravame.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gli eredi di G.C. (i fratelli G.M., G.P., e la madre L.G.) proponevano opposizione al Decreto Ingiuntivo ottenuto, nei loro confronti, dalla società Servizi Industria per ottenere il pagamento della somma di Euro 12.076,48 di cui alla fattura del 30 aprile 2001 e 15 giugno 2001, chiedendone la nullità per una serie di motivazioni.

Si costituiva la società Servizi Industria resistendo all’opposizione.

Istruita la causa documentalmente e testimonialmente, il Tribunale di Massa, sez. staccata di Carrara, con sentenza n. 20 del 2007, rigettava l’opposizione, confermava il decreto ingiuntivo e condannava gli opponenti al pagamento delle spese.

Avverso questa sentenza proponevano appello gli eredi di G. C. i quali contestavano il difetto di motivazione e di valutazione delle prove testimoniali in cui sarebbe incorso il primo giudice.

Si costituiva l’appellata resistendo all’impugnazione.

La Corte di appello di Genova, con sentenza n. 1140 del 2012, accoglieva il solo motivo di appello proposto dagli appellanti contro la loro condanna solidale al pagamento del debito riformando, in questa parte, la sentenza del Tribunale, dichiarava che ciascun erede era tenuto al pagamento del debito in proporzione alla sua quota ereditaria indicata in motivazione; condannava la società Servizi Industriali al pagamento della metà delle spese del giudizio e compensava il residuo. Secondo la Corte di Genova, la domanda della società Servizi Industria alla luce delle deposizioni dei testi indicati dalla stessa convenuta, appariva fondata. Ai sensi della normativa di cui all’art. 754 c.c..

secondo la quale gli eredi rispondono dei debiti ereditari, secondo il valore della quota nella quale sono stati chiamati, con esclusione di qual si voglia solidarietà tra le rispettive obbligazioni. Tale normativa non si applica nel caso in cui il coobbligato chiamato a rispondere del debito non abbia indicato la sua posizione di coobbligato, ovvero l’esistenza di un numero di altri credi concorrenti all’eredità. Epperò, nel caso in esame il creditore all’atto dell’instaurazione del contraddittorio aveva già identificato, perfettamente, tutti gli eredi del debitore originario.

Pertanto, in ragione di questi principi, ciascuno degli eredi doveva rispondere del debito nella misura della loro quota ereditaria.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla società Servizi industria con ricorso affidato a due motivi. L. G. e unitamente G.M. e G.P. hanno resistito con separati controricorsi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, va rigettata l’eccezione avanzata dai controricorrenti relativa alla mancata vocatio in ius di G. R., che secondo gli stessi controricorrenti eomporterebbe l’improcedibilità del ricorso. In verità, e orientamento pacifico di questa Corte di cassazione che in caso di successione “mortis causa” di più eredi nel lato passivo del rapporto obbligatorio si determina un frazionamento “pro quota” dell’originario debito del “de cuius” fra gli aventi causa, con la conseguenza che il rapporto che ne deriva non è unico ed inscindibile, e non si determina, nell’ipotesi di giudizio instaurato per il pagamento, alcun litisconsorzio necessario tra gli eredi del debitore defunto, nè in primo grado, nè nelle fasi di gravame, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause (da ultimo Cass. n. 13644 del 04/06/2010).

1.- Con il primo motivo di ricorso la società Servizi Industria lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 345 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe fondato la decisione in ordine alla ripartizione pro quota del debito ereditario su un documento ( atto notorio) prodotto solo in appello in violazione dell’art. 345 c.c., il quale ha vietato l’introduzione dei nuovi mezzi di prova in appello salvo le eccezioni alla loro indispensabilità e alla impossibilità per la parte di produzione nel giudizio a quo.

1.1.- Il motivo è infondato posto che la censura non coglie l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata. Contrariamente a quanto ritiene la ricorrente, la Corte distrettuale ha disposto la ripartizione tra gli eredi del debito in relazione alla propria quota ereditaria in ragione della circostanza che il creditore, all’atto dell’instaurazione del contraddittorio, aveva già identificato perfettamente tutti gli eredi del debitore originario evocati in giudizio e, pertanto, i singoli coeredi non erano tenuti a palesare la loro qualità di eredi o restavano per ciò stesso sollevati dall’onere di indicare gli altri eredi. Nè i singoli coeredi erano tenuti a specificare le rispettive quote ereditarie perchè queste erano desumibili dal legame di parentela esistente tra gli stessi e il de cuius. Senza dire, comunque, che nel caso specifico, anche la produzione dell’atto notorio cui si riferisce la ricorrente sarebbe stata, comunque, legittima e consentita, perchè, nulla avrebbe aggiunto a quanto già noto in giudizio, tutt’al più avrebbe avuto una semplice funzione di chiarimento.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 91 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).

Secondo la ricorrente, posto che gli eredi di G. hanno proposto sei motivi di doglianza e solamente uno è stato accolto, logico corollario avrebbe dovuto essere la loro condanna al pagamento delle spese legali operata la compensazione per un sesto e non, invece, condannare l’appellata al pagamento della loro metà.

2.1.- Il motivo è fondato.

Va qui premesso che, nel caso in esame (giudizio iniziato con atto di citazione del 2 febbraio 2003) non è applicabile la normativa di cui all’art. 92 c.p.c., nè nella formulazione introdotta dalla L. n, 69 del 2009, “(…..) concorrono altri gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”, posto che questa normativa trova applicazione per i giudizi iniziati dopo l’entrata in vigore della citata legge (L. n. 69 del 2009, art. 58), nè, per le stesse ragioni, nel testo modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), (necessità di esplicitare i giusti motivi), sicchè, la scelta di compensare le spese processuali, nel caso in esame, era riservata al prudente apprezzamento del giudice di merito (SU. 20598/2008), la cui statuizione, tuttavia, e comunque, doveva rispondere a ragionevolezza e ad un’equilibrata valutazione complessiva dell’esito del giudizio. Con la conseguenza che, la decisione in ordine alla compensazione delle spese processuali, anche per le sentenze che riguardano giudizi anteriori alla riforma del 2005, poteva essere censurata in sede di legittimità, quando le ragioni poste alla base della motivazione fossero il logiche o contraddittorie e tali da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale. Ora, nel caso in esame, la parziale compensazione operata in ragione di un “imprecisato” parziale accoglimento dell’appello, appare sproporzionata, e, comunque, non ragionevole, posto che, come emerge dalla sentenza impugnata, dei sei motivi di appello, è stato accolto solo un motivo e, per altro, il motivo che riguardava la modalità di riparto del credito e, non anche il rapporto sostanziale, ovvero l’esistenza e la consistenza del diritto di credito, oggetto del giudizio, tanto che la società Servizi Industria poteva considerarsi vittoriosa per tutte le questioni essenziali.

In definitiva, va rigettato il primo motivo del ricorso ed accolto il secondo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Genova, che provvederà anche per le spese di questo grado.
PQM
P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Genova, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile sottosezione Seconda della Corte di Cassazione, il 26 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2016